A. La casa senza limiti:
in-between vs unheimliche Il confine può essere considerato una figura mentale per la
progettazione architettonica. L’effetto di un confine fisico o mentale è
identico perché stabilisce in ogni caso una diversità. Il confine è
indipendente dal concetto di scala perché i suoi effetti esistono a prescindere
dalla sua dimensione. Negli anni novanta Hertzberger definisce il concetto di soglia
come chiave della transizione e della connessione fra aree con differenti
vocazioni territoriali, luogo in sé che costituisce essenzialmente la condizione
spaziale per l’incontro e il dialogo fra aree di ordine diverso. La soglia per eccellenza è l’ingresso di casa, in essa si
incontrano e si riconciliano la strada, da un lato, e il dominio privato
dall’altro. Il bambino seduto su di un gradino di fronte alla sua casa si sente
a casa e nello stesso tempo parte del mondo esterno. Questa dualità esiste
grazie alla qualità spaziale della soglia, una piattaforma a se stante, un
luogo nel quale, invece di separarsi, due mondi si sovrappongono. Nei rituali di fondazione di un luogo, la soglia come tramite,
passaggio, demarcazione, rappresenta vocazioni esistenziali sia reali che
virtuali, divide luoghi intimi domestici da luoghi estranei sconosciuti. La relazione tra casa e città è un sistema complesso che per
essere indagato necessita di un processo di scomposizione in elementi più
semplici come la stanza, lo spazio comune semi privato, quello condiviso semi
pubblico, la strada, ecc. All’interno di questo sistema la componente unitaria
è data dalla presenza dell’essere umano che attraverso i sensi e il bagaglio
culturale personale costruisce le sue sequenze di eventi, presenti e futuri,
influenzato dalla memoria delle precedenti esperienze. Questa sessione intende raccogliere contributi teorici e
progettuali dall’ambito della composizione architettonica e urbana sui modi di
abitare la città contemporanea. In particolare, si richiedono contributi
scientifici incentrati sulla ricerca di una architettura sensibile e inclusiva
sia verso gli aspetti fisici e materiali dei contesti, sia e soprattutto verso
i beni immateriali, storici, antropologici e sociologici, che costituiscono
parte invisibile degli spazi che abitiamo. Alcuni concetti chiave come soglia e
in-between, ma anche alterità, sublime, perturbante, costituiscono le tracce di
un’indagine sulle potenzialità e il ruolo di fenomeni esperienziali nel
processo progettuale, sia in ambito architettonico che urbano.
B. Relazioni al limite!
Periferie e spazio pubblico
Da sempre gli spazi aperti sono i luoghi dove si sperimentano
assetti variabili delineando insieme al disegno delle maglie infrastrutturali
nuovi equilibri e configurazioni urbane. Nella città moderna, lo spazio pubblico, interpretato come
l’insieme degli spazi en plein air, ha sempre svolto un ruolo ordinatore
mettendo a sistema i vari frammenti urbani, mediandone valori di posizione,
peculiarità funzionali e dimensionali. Anche nei tessuti urbani periferici e
fragili, il sistema dei vuoti assurge a materiale urbano fondamentale
proporzionalmente alla sua capacità di ricucire e assorbire gli elementi
propulsivi della città. Il ruolo dello spazio pubblico − che appartiene e
definisce la vita della comunità a livello sia reale che simbolico − appare
dunque centrale nel dibattito sulle criticità della città contemporanea. Il tema generale della sessione sono le relazioni tra
architettura, periferia e spazio pubblico; la domanda principale è come
l'architettura possa migliorare lo spazio pubblico ed il sistema di relazioni
nei luoghi di confine che soffrono di mancanza di socialità, urbanità e ordine
formale. In questa spazialità viscosa dei limiti della periferia – costituita
da recinti, soglie, percorsi, interstizi, ecc. – dove si consumano tutti i
diversi gradienti del passaggio spazio privato / spazio pubblico, possiamo
identificare alcuni concetti precipui degli spazi di relazione; una topologia
che non si fonda su «distanze permanenti, angoli, aree, ma si basa su rapporti
di vicinanza, separazione, successione, recinzione (dentro-fuori) e continuità.»
(Norberg-Schulz, 1977) Gli attuali problemi di sviluppo dello spazio urbano rendono
obsolete le tecniche e gli strumenti tradizionali della pianificazione e del
progetto: urgono nuove soluzioni per gestire gli ambienti che versano in condizioni di degrado sia fisico che sociale. È ritenuto di interesse per questa sessione verificare come una
rilettura critica di alcune tipologie di spazi ed architetture pubbliche -
attraverso un approccio sperimentale progettuale e teorico - possano essere
utilizzate sia come strumenti di analisi e indagine, che come base metaforica
per la costruzione progettuale di quei luoghi pubblici in cui ‘accade’ e si
sedimenta la memoria della vita sociale. Dopo tutto, lo spazio pubblico – e
l’urgente necessità della sua costruzione – è l’unica categoria della
grammatica dei fatti urbani ad avere ancora la possibilità di elevarsi a
vettore della trasformazione e della riforma nel devastato territorio delle
periferie.
«Perché non è appunto lo spazio pubblico ciò che permette alle
architetture di trovare significato?» (Lucan,1993)
C. Wallscome
Una nuova mappa di mondo
Nel tempo presente si va delineando una nuova mappa di mondo
fatta di nazioni parzialmente o completamente recintate, aree di frontiera
abitate da genti in attesa. WALLSCOME intende allora discutere il tema dei
confini politico-territoriale oggi sempre più chiusi e della consequenziale
trasformazione territoriale in un tempo fatto di grandi migrazioni e politiche
isolazioniste. Si prospetta di mettere in scena le divisioni
politico-territoriali come risultato della pratica della migrazione con il fine
di studiare tutti quei luoghi al limite, i confini di Stato, i Muri che
dividono territori e persone, osservando come si vada sviluppando una nuova
identità di luogo espressa da insediamenti temporanei, singolari relazioni
sociali, culturali e politico-economiche. Gli obiettivi sono: i) raccogliere e
contestualizzare quelle divisioni territoriali che, oggi, assumono la forma di
divisioni fisiche, con particolare attenzione a quelle costruite in risposta a
flussi migratori; ii) migliorare le politiche di pianificazione sul confine e
dei circostanti contesti regionali in mono da prefigurare scenari prossimo
futuri innovativi; iii) sottolineare il significato delle comunità nella scena
locale, della metamorfosi di spazi al limite diventati oggi ‘città di confine’
dall’identità indefinita; iv) aumentare la consapevolezza sulle implicazioni
culturali date dalle divisioni politico territoriali; v) rafforzare la
collaborazione tra istituti di ricerca internazionali per creare una rete di
analisi nei settori dell'organizzazione urbana e dello sviluppo culturale
mettendo a base un progetto comune di rilievo cartografico disposto all’analisi
di Muri e territori di confine in continua trasformazione. Insomma, la sessione si concentrerà sulla pianificazione
ambientale e urbana, implementando una metodologia multidisciplinare che
coinvolgerà l'architettura e gli studi sul patrimonio culturale, l'economia,
l'agricoltura, la sociologia e l'antropologia in modo da tracciare
compiutamente le caratteristiche dei processi di divisioni territoriali così
compiendo una valutazione complessiva sul territorio in cui interfacce varie
miglioreranno la comprensione del contesto.
Come risultato, la sessione WALLSCOME implementerà uno studio
architettonico-urbano sulla mappa contemporanea fatta di Muri di confine e
migrazioni di popoli. In questo modo si andrà delineando una riflessione sulla
possibile ridefinizione delle aree di frontiera come bene comune orientato alla
progettazione di una ‘città di confine’ dalla forma e identità molteplice.
Occasione dunque per poter tracciare criticamente (all’interno
di una cornice di senso che sappia orientare le azioni di pubblici e privati
sui sentieri del cambiamento) scenari prossimo futuri ‘consapevoli’
delle metamorfosi urbane e territoriali oggi in atto.
D. I confini come patrimonio
Memorie e identità europee
Il processo di consolidamento di un orizzonte comune europeo, un
cammino tuttora in corso, non è privo di ambiguità e incertezze. Se da un lato
il riconoscimento del valore del libero passaggio di popolazioni, beni e idee
ha favorito la permeabilità dei confini nazionali, d’altra parte, l'esigenza di
riaffermare le specificità locali, e quindi di tracciare nuove discontinuità,
emerge sempre più spesso da parte delle comunità, siano esse etniche,
territoriali, economiche, ecc. L'identità europea, nel suo divenire, deve allora necessariamente articolarsi,
farsi complessa, intrecciandosi con le storie e le memorie delle singole
nazioni. In questo percorso, la trama degli innumerevoli confini tracciati nel
corso dei secoli sul suolo europeo costituisce una ricchezza, un’occasione per
mettere in atto processi di valorizzazione dei diversi luoghi che compongono il
mosaico comune. Quella trama di linee che, in taluni casi, hanno rappresentato
solamente un breve periodo di transizione, in altri, configurazioni consolidate
per lungo tempo, oggi può divenire strutturale per immaginare un nuovo paesaggio condiviso.
La sessione si propone di ragionare sul tema dei confini
europei, passati o vigenti, attraverso l’esposizione di esperienze (progetti,
piani, ricerche) in cui la lettura o il recupero di tracce e memorie siano
parte fondamentale nella trasformazione del paesaggio. Le trasformazioni
possono riguardare da un lato la promozione di un turismo sostenibile capace di
intercettare nuovi e crescenti flussi, dall'altro operazioni di riutilizzo a
favore delle popolazioni locali. L'interesse è rivolto a operazioni che favoriscano
l'affermarsi di quelle specifiche qualità e differenze che non necessariamente
indeboliscono l'identità europea, ma, al contrario, possono aiutare a
costruirne e consolidarne un'immagine articolata e composita.
E. Il riuso dei paesaggi di guerra
La ricorrenza del centenario della Prima Guerra Mondiale è stata
l’occasione per riflettere sul tema della conservazione e della valorizzazione
non solo dei manufatti e delle testimonianze bibliografiche ed
etno-antropologiche sopravvissute, ma anche per affrontare l’importante tema
legato al rapporto di queste ‘memorie’ con il territorio in cui si sono svolti
gli eventi bellici.
Negli ultimi anni il tema del paesaggio di guerra è stato
affrontato in molteplici incontri, seminari e pubblicazioni svoltesi ai livelli
più eterogenei definendo quelli che sono i contorni teorici e le azioni
pratiche di un modo di procedere.
In questa sessione si vuole indagare sul ruolo del paesaggio di
guerra nell’ambito del processo bellico che su di esso vi si è compiuto così da
collocarlo in un’ottica essenzialmente nuova tale da incrementare
esponenzialmente il suo valore di memoria.
I luoghi in cui si sono svolte le battaglie della Prima Guerra
Mondiale furono plasmati per adattarsi ai fatti bellici trasformandosi da ‘quinta
scenica’ dell’evento ad ‘attore principale’ delle sfortune e/o fortune
dell’evento stesso.
L’infrastruttura viaria bellica italiana, il ‘tessuto
trincerato’ del fronte occidentale, la linea Maginot, le stazioni di difesa
atomica della Guerra Fredda, le terre abbandonate per l’inquinamento chimico
della Francia orientale, ecc. hanno reso il paesaggio di guerra un fattore
tecnologico su cui i contendenti hanno operato con studi, progetti e modifiche
per assicurarsi quel vantaggio tattico necessario alla vittoria finale.
Tutto ciò testimonia l’importanza di raccogliere, in questa
sessione, esperienze e progetti sul rapporto col paesaggio di guerra nella sua
complessità, sia come valore testimoniale tout court che come processo
intrinseco della produzione della memoria di guerra condivisa da un dato
contesto culturale.
All’interno di questa sessione tutti questi nuovi stimoli
analitici devono confrontarsi con il dibattito culturale sulla necessità del
riuso per i Beni Culturali che altrimenti sono destinati a trasformarsi da
‘mute testimonianze’ a ‘testimonianze mute’ perdendo ogni riferimento con
l’inconscio culturale che le ha determinate. Perduto questo non esistono
processi tecnici conservativi in grado di garantirne la sopravvivenza.
Questa sessione intende riflettere approfonditamente sul riuso
dei paesaggi di guerra come premessa fondamentale e ‘fondante’ della loro
sopravvivenza nella duplice veste di testimonianza dell’agire dell’uomo sul
territorio in cui opera e di strumento d’azione degli eventi bellici che su di
esso si sono svolti.
| | A. Limitless home:
in-between vs unheimliche
The boundary can be considered as a mental figure for architectural design. In
each case, the effect of a physical or mental boundary is identical because it
establishes diversity. Irrespective of its size, the boundary is independent of
the concept of scale because its effects produced. In the 1990s, Hertzberger
defined the concept of 'threshold' as the key to the transition and connection
between areas with different territorial vocations, a place in itself that
essentially constitutes the spatial condition for the encounter and dialogue
between areas of different order. The threshold par excellence is the entry of
the house, within it is where the road meets the private domain where they
reconcile themselves. For example, a child sitting on a step in front of a home
also feels at home, and, at the same time, is part of the outside world. Owing
to the spatial quality of the threshold, this duality exists because the platform
itself, a place in which two worlds overlap, which co-exist instead of
separating. The rituals of founding a place, where the threshold is a medium,
passage and demarcation, represent existential vocations both real and virtual.
As well, they divide domestic intimate places from unknown foreign places.
The relationship between home and city is a complex system that requires a
process of decomposition into simpler elements, such as the room, the
semi-private common space, the semi-public shared space, the street, and so
forth. Within this system the unitary component is given by the presence of the
human being who constructs this sequence of present and future events through
the senses as well as through the personal cultural baggage, which is
influenced by the memory of previous experiences. This session aims to collect
theoretical and design contributions from the field of architectural and urban
design to establish ways of inhabiting the contemporary city. In particular, we
are seeking scientific contributions that are focused on the search for a
sensitive and inclusive architecture both towards the context's physical and
material aspects, and especially towards the intangible, historical,
anthropological and sociological goods, which constitute an invisible part of
the spaces we inhabit. Some of the key concepts, such as threshold and
‘in-between’, otherness, sublime and uncanny, embody the traces of an
investigation relating to the potential of the role of experiential phenomena
in the architectural and urban design process.
B. Relations on breaking point!
Periphery and public space
Open spaces have always been places for the experimentation of variable orders
where new balances and urban configurations are defined along with the design
of infrastructure grids. In the modern city the public space, interpreted as
system of outdoor spaces, has always played a regulating role by
systematizing the various urban fragments, and by mediating their values in
terms of position, and functional and dimensional features.
Even in peripheral and fragile urban fabrics, he system of void spaces becomes
a fundamental urban material due to its ability to mend and absorb the city's
driving elements .The role of public space − that belongs to and defines community
life at a both real and symbolic level − has clearly taken center stage in the
debate on the critical issues of the contemporary city.
The general theme of the session is the relationship between architecture,
periphery and public space; the main question is how architecture can improve
public spaces and relations in boundary places that suffer a lack of sociality,
urbanity and formal order.
In this viscous spatiality of periphery boundaries – made of closures,
thresholds, paths, interstices, etc., – where different ways of passing from
private to public space are performed, we may identify some concepts that are
typical of relational spaces; a topology that is not based on «permanent
distances, angles or areas, but is based upon relations such as proximity,
separation, succession, closure (inside, outside), and continuity»
(Norberg-Schulz, 1977).
The issues now affecting the development of urban space demonstrate the
obsolescence of the traditional techniques and instruments of urban planning
and design: the management of environments that are both physically and
socially
degraded call for new solutions.
For this session it is of interest to verify how a critical review – with an
experimental design and theoretical approach – to some of the established
typologies of public architecture and spaces, can be used both as instruments
for analysis and survey, and as a metaphorical base for the design construction
of those public places where the memory of social life occurs and is layered.
After all, public space – and this urgent need for its construction - is the
only term of the grammar of urban events that still has a possibility of
elevating itself to an element of transformation and reform of the devastated
territory of peripheries.
'Because, is it not public space that allows architecture
to find a meaning?' (Lucan, 1993).
C. Wallscome
A new map of the world
Today a new world map is emerging. A map done of National borders partially or
fully fenced-off, fences occupied by people waiting. WALLSCOME will be a study
analysing the field of evaluation of territorial-political division and the
consequential territorial transformation in a time made by migrations and
isolationist policies. It is planned to stage the political-territorial
divisions as resulting from the practice of migration experienced. In
particular, the project is aimed to study all those places at the limits, the
State border, the Walls that divides territories and people observing as the
place where a new identity expressed by temporary settlements arose in a milieu
characterized by a deep relation between social, politics, cultural types, and
revolutionary practices. The overall objectives of WALLSCOME are: i) to study,
collect and contextualize those territorial division that assumed the form of
physical divisions, especially those created as response to new migrations; ii)
to improve understanding of planning policies on construction State border and
their surrounding regional contexts to build conceptual scenarios for the
future; iii) to underline the significance of communities in the local scene
and of the metamorphosis of spaces at the limit that have become today 'border
cities' with an indefinite identity. iv) to raise awareness about the cultural
role of Walls, the divisions in the global development and migration; v) to
strengthen the collaboration between international research institutions for
setting up a durable research network in the fields of urban organization and
development of new identity, a new cultural, social and territorial. All this
to create an archive of the Walls, of those territorial divisions in continue
transformation.
WALLSCOME session will focus on environmental and urban planning and it will
attempt to implement a multi-disciplinary methodology involving architecture as
well as cultural heritage studies, urban economics, agriculture, sociology and
anthropology; in order to reveal significant structures of meanings in the
territorial divisions and the temporary settlements to reveal the peculiar
characteristics
of shared creative processes.
As a result, WALLSCOME session will develop a new creative expressions, an
architectural-urban study on the contemporary world map done by Walls and
migration. Take form a new ways of modelling the knowledge and interpretation
of ‘places at the limit’ as common good oriented to design a 'border city' with
multiple form and identity. Therefore, an opportunity to be able to critically
trace (within a frame of meaning that knows how to direct public and private
actions to the change) future scenarios 'aware' of the urban and territorial
metamorphosis underway.
D. Boundaries as heritage
European memories and identities
Today, the ongoing construction of a common European horizon is far from being
unambiguous and certain. If, on the one hand, the recognized value of freedom
of circulation for people, goods and ideas increased the permeability of
national boundaries, on the other hand, the need to reaffirm the specificities,
remarking new discontinuities, is emerging among several communities, whether
they be ethnic, territorial, economic, and so forth. Hence, there is a need for
the European identity to become articulate and complex, interweaving in depth
with several national stories and memories. During this process, the weave of
innumerable boundaries, which over the centuries have been traced on the
European ground, represents an asset and an opportunity to trigger enhancement
processes. Today, that weave of lines, representing either short transitional
periods or long term configurations, might become the structure for imagining a
common landscape.
The session aims to debate past and present European borders, trough
experiences (such as projects, plans, researches) where the reading and
recycling of both traces and memories are proved to be fundamental to the
landscape transformation. This transformation may concern the promotion of a
sustainable tourism, capable to intercept new and growing flows of people, or
the improvement of reusing practices among local communities. The session is
mainly focused on operations promoting specific qualities and differences
without weakening the European identity. Those operations, on the contrary, may
support the development and consolidation of an articulated and complex
European image.
E. Reusing war landscapes
The appearance of the First World War centenary presented an opportunity to
reflect upon the theme of conservation and enhancement not only of surviving
artefacts, bibliographical and ethno-anthropological evidence, but also provoked
the important issue linking the relationship of these ‘memories' with the
territory in which the war events took place. In recent years, the theme of the
war landscape has been contested in many conferences, seminars and publications
held at the most heterogeneous levels defining what the theoretical outlines
are and the practical actions of a way to proceed. In this session, we question
the role of the war landscape process and its immediate context, so as to place
it in an essentially new perspective that exponentially increases its memory
value.
The places where the First World War battles took place were formed to adapt to
the associative war-type events, transforming them from the 'fifth stage' of
the event to the 'main actor' of the misfortunes and/or fortunes of the event
itself. The Italian war infrastructure, the 'entrenched texture' of the Western
front, the Maginot line, the atomic defence stations to the Cold War, the
abandoned lands for chemical pollution in eastern France, and so forth, have made
the war landscape as a technological factor in which the contenders have worked
with various studies, projects and modifications to ensure that the tactical
advantage is necessary for the final victory. All this testifies to the
importance of gathering in this call of expressions and experiences pertaining
to the relationship of the war landscape, in its complexity, both as a
testimonial value tout court and as an intrinsic process of the production of
war memory shared by a given cultural context.
Within this session, all of these new analytical stimuli should compare these
issues with the cultural discussion on the need for Cultural Heritage reuse
which otherwise would be destined to transform itself from 'silent witness' to
'mute testimony,' losing all reference with the cultural unconscious that has
determined them. If we lose all reference to these stimuli then there are no
conservative technical processes able to guarantee their future survival.
This session intends to reflect upon the in depth reuse of war landscapes as a
fundamental and 'founding' premise of their survival in the dual role of man’s
action, witnessing the territory in which it operates as an instrument of
action of war events that took place within it. The call for papers is aimed at
comparing experiences, projects and architectural designs surrounding the theme
of the reuse of war landscapes. |